A Vienna non sono state invitate le principali forze di opposizione siriane, il che ha fatto dire a George Sabra – membro della Coalizione Nazionale siriana – che la mancanza di invitare i siriani mostra una “mancanza di serietà”. Per “coerenza” non sono stati invitati nemmeno rapresentanti del governo di Assad…
Stati Uniti, Arabia Saudita, Turchia e Qatar, tutti sostenitori dell’opposizione siriana, si siederanno faccia a faccia con i loro omologhi russi e iraniani, che hanno investito un sacco di soldi, armi e truppe per rafforzare il governo di Assad.
L’Iran in un primo momento era stato escluso dai colloqui sulla Siria, ma il suo potente ministro degli Esteri Mohammad Zarif è presente a Vienna con la “benedizione” sia degli americani che dei russi. Sulla partecipazione iraniana le opposizioni siriane ad Assad sono insorte, criticando la partecipazione di Zarif e dichiarando che l’Iran non può svolgere un ruolo di mediazione in quanto le sue truppe combattono in Siria.
Spettatori “muti” a Vienna saranno i rappresentanti di Regno Unito, Egitto, Francia, Germania, Italia, Libano e Iraq.
Russi, iraniani, libanesi ed egiziani appoggiano la politica di Damasco: la priorità è la guerra al terrorismo.
Sauditi e turchi sostengono invece che la permanenza al potere di Assad è la fonte di tutti i mali, e che le sue dimissioni sono indispensabili e fondamentali.
I possibili scenari che si delineano, ancor prima dell’incontro viennese, possono essere questi:
1. La Russia e l’Iran raggiungono un accordo che prevede un processo politico che terminerà con le prime elezioni presidenziali, monitorate dalla comunità internazionale. Nel frattempo ci si concentrerà nella lotta allo Stato Islamico. In questo scenario verrà formato un Governo temporaneo di unità nazionale con l’affidamento di alcuni ministeri – con l’accordo di Usa e Russia – alle opposizioni siriane “moderate”. I principali gruppi di opposizione siriani, come il Consiglio nazionale siriano (SNC) e la Coalizione Nazionale siriana, verranno estromessi. Il nuovo governo lavorerà accanto ad Assad nella supervisione delle elezioni parlamentari e nella stesura di una nuova carta, che affronterà i più ampi poteri della presidenza. Il periodo di transizione finirà con le elezioni presidenziali “libere e democratiche”, in cui chiunque potrà correre per la Presidenza, tra cui lo stesso Assad.
2. Sauditi e turchi ottengono un periodo di transizione che manterrà le strutture più importanti del regime, ma che al contempo esclude la presenza diretta di Assad. La rimozione di Assad è infatti la principale preoccupazione per turchi e sauditi, dal momento che la Siria di Assad è un alleato fedele dell’Iran. Riyadh e Ankara dicono che 6-18 mesi sono più che sufficienti per la transizione del governo e per assicurare i diritti delle minoranze. Alla Turchia piacerebbe che in Siria si insediasse un governo legato alla Fratellanza Musulmana, mentre l’Arabia Saudita non vuole un governo “secolare”.
3. L’amministrazione Obama – dopo aver chiesto la testa di Assad all’inizio del suo impegno in Siria – ha modificato ora il suo obiettivo principale, che è diventato l’eliminazione dal Medio Oriente dello Stato Islamico. La coalizione guidata dagli Usa ha iniziato a bombardare Daesh nel settembre del 2014 ma ha finora ottenuto pochi risultati concreti. Gli Usa sarebbero ora “aperti” alla creazione di una nuova alleanza per combattere l’Isis che potrebbe comprendere l’Iran, la Russia e lo stesso esercito siriano, a patto che nella regione si preservino gli interessi degli Stati Uniti.
4. In uno scenario “win-win”, il nuovo governo dovrebbe dividere le responsabilità tra tutti gli attori, in una situazione simile a quella successa dopo la guerra civile libanese. Assad potrebbe restare come presidente, ma con solo poteri “cerimoniali”, mentre il primo ministro sarebbe un membro dell’opposizione. Questo scenario sembrerebbe molto simile al governo in Palestina durante gli ultimi anni di vita di Yasser Arafat, ma questa soluzione sarebbe assai “indigesta” per l’Iran.
5. Il fallimento dei colloqui di Vienna: questa situazione porterebbe tutti i giocatori di nuovo al punto di partenza. Russia e Iran continuerebbero a sostenere il governo siriano contro tutti i gruppi ribelli, mentre i gruppi armati di opposizione riceverebbero più armi dai loro sostenitori “ufficiali” sauditi e turchi, una spirale verso il basso, con l’ulteriormente aggravamento della crisi dei rifugiati. Questo scenario potrebbe molto probabilmente vedere la spartizione del territorio tra le parti, con la costa mediterranea e Damasco ad Assad, mentre le diverse formazioni dei ribelli controllerebbero il territorio a nord lungo il confine con la Turchia. La Siria verrebbe divisa in piccoli stati non definiti da confini segnati.