Negli scorsi mesi lo Stato Islamico ha annunciato il suo obiettivo: quello di creare un califfato in Africa che si dovrebbe successivamente unire a quello del Levante in un unico impero islamico, che arriverebbe a porre sotto il suo dominio anche Spagna, Portogallo e Sicilia, le terre conquistate dai musulmani nel medioevo.
L’annuncio di realizzare un califfato in Africa sembra essersi concretizzato attaccando la Libia, diventando in poche settimane una tra le forze politico-militari più importanti del Paese.
Lo Stato Islamico è attivo anche in Nigeria con Boko Haram, in Somalia – dove una parte di Al Shabaab ha giurato fedeltà ad al-Baghdadi – in Egitto e Algeria.
Il califfo ha da tempo allacciato stretti rapporti con il gruppo terroristico egiziano Ansar Beit al-Maqdis che opera nel Sinai e che nei giorni scorsi ha rivendicato l’attentato all’aereo russo. Ansar Beit al-Maqdis recluta beduini, egiziani e mercenari stranieri. Il gruppo è autore di clamorosi attentati come l’attacco ai soldati israeliani lungo il confine nel settembre 2012, l’assassinio nel novembre 2013 di un alto ufficiale dei servizi segreti egiziani, Mohamed Mabrouk, testimone dell’accusa durante il processo contro l’ex presidente Morsi, e l’attentato fallito al Ministro degli Interni Mohamed Ibrahim Moustafa.
L’alleanza con l’Isis è stata siglata il 10 novembre 2014, con l’obiettivo di rendere totalmente ingovernabile la strategica regione del Sinai e impedire l’esportazione di gas e petrolio in Israele.
In Algeria, l’Isis si è alleato con i militanti del Jund al-Khilafah (conosciuti anche come i soldati del califfato). Questo gruppo si è formato durante la guerra civile algerina degli anni novanta per iniziativa di Abdelmalek Gouri, l’ex braccio destro di Abdelmalek Droukdel, leader del Al-Qaeda Islamic Maghreb. È responsabile dell’attacco suicida al quartiere generale delle Nazioni Unite ad Algeri nel 2007, e dell’attacco presso la località di Iboudrarene nell’aprile 2014, dove trovarono la morte undici soldati algerini.
Secondo la strategia originale ideata nel 2013 dal leader dell’Isis Abu Bakr al-Baghdadi, Libia, Egitto e Algeria dovrebbero essere le prime nazioni a cadere sotto il controllo del califfato d’Africa, anche perchè l’Isis avrebbe dirottato parte delle armi ricevute dalla Turchia per combattere il regime di Assad in Siria, verso i suoi alleati del nord Africa.
Ma i limiti rappresentati dagli alleati africani – Boko Haram e una parte di Al Shabaab – avrebbero costretto l’Isis a cambiare tattica per la realizzazione del Califfato d’Africa: rafforzare la propria posizione in Libia ed infiltrarsi in Sudan.
Qui l’Isis si sta appoggiando al movimento estremistico Minawi, guidato da Suliman Arcua Minnawi, leader del più grande gruppo guerrigliero del Darfur e segretario del Sudan Liberation Army. Il gruppo ribelle firmò un accordo di pace con il governo di Khartoum nel maggio 2006, accordo rotto nel luglio dello stesso anno con l’attacco alla guarnigione dell’esercito regolare presso la cittadina di Korma, Darfur del nord. Nel dicembre 2010 il Minawi Movement si ritirò da ogni trattativa di pace giurando di abbattere il regime del presidente Omar al-Bashir, considerato troppo moderato. Secondo le informazioni ricevute dai media sudanesi il Minawi Movement sta offrendo combattenti all’Isis in Libia.
I guerriglieri sudanesi giungerebbero nel paese nord africano attraverso il Ciad godendo di una protezione da parte delle forze di sicurezza ciadiane in quanto il leader, Minnawi, appartiene al gruppo etnico non arabo del Sahara, i Zaghawa.
Il gruppo sta ricevendo armi, munizioni e veicoli con lo scopo di combattere efficacemente in Libia e successivamente attaccare il Sudan. L’Isis gli ha promesso di sostenere il loro obiettivo di rovesciare il governo di Khartoum.