Lontano dai campi di battaglia dell’Iraq e della Siria, lo Stato Islamico è cresciuto costantemente nel caos libico, specialmente nella zona di Sirte.
Perché? A Sirte, città natale di Gheddafi, i miliziani del Califfo hanno trovato una base “sicura” sfruttando le frustrazioni di chi si è sentito messo da parte dopo la rivoluzione.
“Daesh vede Sirte come il posto perfetto. Alcuni seguaci di Gheddafi sono ora membri di Daesh”, ha dichiarato il comandante militare locale, Ismail Al-Mjaree.
Fonti della sicurezza di Tripoli e Misurata stimano che lo Stato islamico abbia almeno 500 combattenti a Sirte, ed i numeri sono in crescita grazie all’arrivo di reclute straniere.
“Controllano tutta la città e la periferia e nessuno in questo momento riesce a contrastarli – ha ammesso Ismail Al-Mjaree – Sono sopratutto sudanesi, egiziani e tunisini”.
I terroristi che hanno attaccato i turisti stranieri a Sousse ed al Museo del Bardo a Tunisi sono stati addestrati nei campi in Libia, e lo Stato islamico ha rivendicato entrambi gli attacchi.
Ad oggi lo Stato islamico il Libia ha effettuato per lo più attacchi di alto profilo, come l’assalto alla prigione di Tripoli o l’attacco all’hotel Corinthia nella capitale. Il gruppo ha preso di mira anche l’industria del petrolio, attaccando le difese del porto petrolifero di Es Sider.
Lo Stato islamico in Libia non ha fonti di reddito comparabili a quelle siriane o irachene – nessuna vendita di petrolio, poca popolazione da tassare – ma, come in Iraq e in Siria, lentamente imporre la sua visione sul territorio controllato, punendo e terrorizzando gli abitanti con le crocifissioni e le fustigazioni pubbliche.
Ma non solo: l’islamizzazione “forzata” sta proseguendo come nei territori controllati direttamente dal Califfo
Lo Stato islamico obbliga infatti i commercianti a pagare una tassa, i barbieri non possono radere le barbe, le pipe shisha sono vietate nei caffè e le studentesse sono stati costrette a girare velate.