Il 17 dicembre a Skhirat, in Marocco, i diversi schieramenti presenti in Libia hanno firmato un fragile accordo di pace dopo 15 mesi di trattative condotte dall’Onu: questo accordo rappresenta la migliore speranza per la ricostruzione della Libia, dopo una lunga e sanguinosa lotta per il potere e accaparrarsi le risorse energetiche.
L’accordo potrebbe però portare la Libia ad un nuovo tipo di instabilità che rischia di provocare un’ulteriore frammentazione ed aumentare la violenza in tutto il paese. Qui di seguito sono elencate le principali criticità legate al futuro successo od al fallimento dell’accordo di pace.
Legalità e legittimità: una delle sfide più importanti per una pace duratura comprende la legalità e la legittimità dell’accordo politico. Inizialmente, la Camera dei Rappresentanti a Tobruk ed il Congresso Nazionale Generale a Tripoli avrebbero dovuto approvare l’accordo prima della firma ma l’ex inviato Onu Bernardino Leon aveva capito che un voto favorevole in entrambi i parlamenti rivali avrebbe dovuto affrontare diverse difficoltà, dal momento che numerosi deputati si opponevano strenuamente all’accordo. Di conseguenza, le Nazioni Unite hanno redatto l’articolo 67, per far cadere il requisito dell’approvazione dell’ccordo prima della firma.
Questa soluzione per assurdo potrebbe ritorcersi contro l’accordo, favorendo gli estremisti che mettono in dubbio la legittimità di questa firma. Anche se il GNA (Government of National Accord) riceverà sicuramente il sostegno della comunità internazionale con una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, l’accettazione del governo come legale e legittimo è direttamente legata alla probabilità di una pace duratura in Libia.
I sostenitori del l’accordo politico all’interno della Camera dei Rappresentanti (HOR) devono ora tornare a Tobruk (la sede del parlamento) per approvare l’accordo politico. Questo voto dovrà affrontare l’opposizione del Presidente della Camera dei Rappresentanti Aguila Saleh, ma non dovrebbe fermare il primo vicepresidente e la maggioranza dei membri che supportano la firma dell’accordo.
La situazione è più difficile per lo schieramento favorevole all’accordo a Tripoli, dato che solo 50 membri del Congresso Nazionale Generale hanno firmato, mentre circa 80 membri della Camera dei Rappresentanti erano presenti.
Tripoli: un’altra sfida importante per il Government of National Accord comporta il ritorno nella capitale. Nelle ultime settimane i negoziatori delle Nazioni Unite hanno cercato di “ammorbidire” le varie milizie: gli ultimi rapporti indicano che le forze di Misurata, Zintan e Zawia hanno accettato di fornire forze per garantire la sicurezza. Alcuni dei gruppi armati islamici che controllano Tripoli, soprattutto quelli legati all’ex Gruppo combattente islamico libico e Jabhat al-Somoud, rimangono contrari all’accordo. Il Gran Muftì Sadiq al-Gheriani, la più alta autorità religiosa del paese riconosciuta da Tripoli, ha dichiarato in un comunicato che la firma dell’accordo non è in linea con i principi islamici e alcuni gruppi potrebbero sfruttare questa dichiarazione e attaccare il nuovo governo, portando all’inizio di una nuova guerra per il controllo della capitale.
Il Generale Khalifa Haftar: ai sensi dell’articolo 8 della convenzione, la nomina delle cariche militari di vertice avrebbero dovuto essere appannaggio del Consiglio di Presidenza non appena fosse stato firmato l’accordo, eppure il generale Haftar continua a dirigere le operazioni militari in corso in Libia orientale nonostante la firma dell’accordo stesso. Questa situazione è una chiara sfida all’autorità del Consiglio di Presidenza e al GNA. L’accordo prevede che il Consiglio di Presidenza abbia venti giorni per raggiungere una decisione unanime nella nomina dei vertici militari, ma con il generale Haftar è un compito impossibile. Questa impasse è dovuta al fatto che almeno due deputati su cinque nel Consiglio di Presidenza fortemente lo sostengono e altri due con forza gli si oppongono.
ISIS: un’altra questione importante che dovrà affrontare il GNA prevede il probabile intervento straniero da parte dei paesi occidentali in funzione anti ISIS. Roma, Londra e Parigi sono in standby, in attesa del via libera da parte del GNA per agire contro gli uomini del Califfo.
La mancanza di una strategia post-intervento avrebbe conseguenze disastrose sulla Libia: il GNA e la comunità internazionale devono prima lavorare sulla riconciliazione dei gruppi locali più importanti, in particolare Misurata e Zintan in Libia occidentale, e l’esercito nazionale libico. Unendo i gruppi armati rivali nelle operazioni militari per sconfiggere ISIS nelle rispettive zone, la riconciliazione offre la migliore possibilità di porre fine all’espansione dell’ISIS in Libia.
In ultima analisi, sarebbe altresì necessario intervenire militarmente per interrompere il flusso di armi e munizioni (dai porti in Libia occidentale) destinate ai gruppi estremisti, e far sì che i vari attori regionali con interessi in Libia (l’Egitto, gli Emirati Arabi Unitie, il Qatar e la Turchia) non interferiscano nel processo di pace in corso.