Il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi ha apertamente chiesto alla NATO di intervenire il Libia per “finire il lavoro“.
In un’intervista al quotidiano britannico Daily Telegraph, prima di una visita a Londra per discutere di cooperazione e sicurezza con il Primo Ministro David Cameron, Sisi ha dichiarato che “La Libia è un pericolo che minaccia tutti. L’assenza di un Governo, anzi, la presenza di due governi contrapposti, crea un vuoto in cui gli estremisti prosperano “, facendo un riferimento esplicito allo Stato Islamico.
L’insicurezza cronica, con decine di gruppi armati che combattono fra loro per il controllo delle risorse energetiche e due governi rivali, ha fatto della Libia un punto di partenza per tutti i migranti che provengono dall’Africa e anche dal medio oriente.
“Bisogna fermare il flusso di finanziamenti e armi diretto agli estremisti. Tutti i membri della Nato che hanno partecipato alla missione per rovesciare Gheddafi devono ora dare il loro aiuto “, ha dichiarato Sisi.
Una delle ipotesi che circolano sul “che fare” in Libia, dopo lo stallo delle trattative per creare un governo di unità nazionale sponsorizzato dall’inviato Onu Bernardino Leon, è quello di cercare il coinvogimento militare anche di alcuni paesi arabi, primi fra tutti l’Algeria, la Tunisia e – ovviamente – lo stesso Egitto.
Nei giorni scorsi si sono infatti svolti diversi incontri incrociati fra le diplomazie del Cairo, Algeri, Tunisi e di alcuni paesi NATO.
Questo inedito intervento militare servirebbe principalmente a mitigare eventuali proclami alla guerra santa, così “cari” allo Stato Islamico e ad al-Quaeda, che verrebbero inevitabilmente lanciati se ad intervenire in Libia fosse esclusivamente la NATO
Con un’azione a tenaglia supportata dalla stessa NATO (questa sarebbe una delle ipotesi di intervento militare finalizzata a disarmare le varie milizie), Algeria e Tunisia dovrebbero intervenire in Tripolitania, l’Egitto in Cirenaica mentre le truppe francesi, già presenti in Niger e Chad, potrebbero limitarsi a “controllare” il Fezzan e la parte meridionale del paese.
Sisi ha anche criticato gli sforzi occidentali per combattere i militanti islamici in Iraq e in Siria “La mappa dell’estremismo e dell’instabilità è in espansione e non in ritirata. Abbiamo tutti bisogno di rivedere le nostre priorità ed iniziare ad agire veranmente“.