Le numerose perdite subite e la mancanza di una chiara politica regionale stanno spingendo i sostenitori di Hezbollah (e la sua stessa leadership) ad un “ripensamento” circa il ruolo del gruppo libanese sciita in Siria, dove dall’inizio della rivolta sta combattendo i ribelli che cercano di rovesciare il governo del presidente Bashar Al-Assad.
Ali Al-Amin, analista politico libanese e ricercatore, ha parlato di “grandi obiezioni all’interno del gruppo sulla sua performance in Siria,” dopo che Hezbollah ha recentemente subito grandi perdite per mano dei gruppi ribelli siriani.
L’ultimo episodio negativo per Hezbollah è avvenuto lunedi scorso, quando il gruppo ha annunciato la morte di otto combattenti caduti durante gli scontri in Siria.
Le perdite per Hezbollah in Siria non si sono limitate ai semplici combattenti, ma anche a decine di comandanti di alto rango, l’ultimo dei quali – Hassan Hussein Al-Hajj, alias Hajj Maher – è stato uno dei fondatori della milizia filo-Assad.
Hajj è stato ucciso dai ribelli siriani nella valle di El-Ghab, a nord della provincia di Hamah, all’inizio di questo mese ed Hezbollah lo ha ricordato come “un alto comandante”, molto vicino al leader del gruppo, Hassan Nasrallah.
Il dibattito sull’opportunità di proseguire l’impegno militare in Siria si è spostato fino al cerchio interno del gruppo, con alcuni membri che hanno criticato aspramente il ritorno d’immagine – dopo tutti i sacrifici che la formazione shiita ha sostenuto – esclusivamente a favore di Putin e della Russia.
Le perdite di Hezbollah in Siria hanno quindi superato le aspettative preventivate; perfino il battaglione d’elite al-Radwan è stato così falcidiato fino al punto di arrivare al suo scioglimento dopo la perdita dei suoi comandanti e di numerosi combattenti nella battaglia Zabadani.
Le informazioni del FSA – tutte da verificare – indicano che i caduti di Hezbollah sono arrivati a 1.263, una cifra elevata per la formazione shiita, che ha molto colpito il morale del gruppo.