nazionale di network particolarmente attivi in quella che è stata definita la prima fase del jihadismo in Europa, ma anche da un livello di attenzione al fenomeno da parte delle autorità italiane che, con eccezione della Francia, non trova molti paralleli in Europa.
del paese, da sempre l’indiscusso centro nevralgico del jihadismo in Italia è rappresentato dalla città di Milano.
sua fondazione nel 1988, quando uomini legati a stretto vincolo alla
Gamaa islamiya egiziana ne presero le redini.
una posizione strategica durante il conflitto in Bosnia.
dei Mujaheddin stranieri impegnati a difendere i musulmani bosniaci,
ma il network milanese divenne fondamentale nel fornire varie forme di
supporto logistico (documenti falsi, soldi, eccetera) per volontari di tutto
il mondo che cercavano di partecipare al conflitto.
il primo attentato suicida di matrice jihadista in Europa: un’autobomba
guidata da un egiziano residente a Milano contro una caserma della
polizia croata a Fiume/Rijeka nel 1995, atto inteso a vendicare l’uccisione
da parte delle forze croate dell’imam Shabaan. Ma l’unica
vittima dell’attacco fu l’attentatore stesso.
giugno del 1995 con una perquisizione nella moschea e la citazione in
giudizio di diciassette individui legati al Centro. Si trattava però solo di
una frazione del numero complessivo degli investigati. Grazie a quella
operazione la polizia recuperò centinaia di documenti falsi, strumenti
per la relativa contraffazione, riviste estremiste e corrispondenza che
provava legami tra il Centro e militanti attivi in quattro continenti.
fino all’inizio del Duemila, rimanendo quello che il Dipartimento del
Tesoro statunitense definì «la principale base di al-Qaeda in Europaʽ.
non solo fondi, ma anche l’opportunità di sponsorizzare visti per altri
militanti. Predicatori estremisti di caratura globale erano di casa in viale
Jenner. E sebbene la leadership rimase egiziana, estremisti tunisini,
algerini e marocchini iniziarono a confluirvi, rendendo il Centro il
punto di riferimento dell’estremismo jihadista nel nord Italia e non solo.
a viale Jenner, erano presenti in varie città italiane, soprattutto al nord.
forti, soggetti legati al centro fondarono o riuscirono a controllare
moschee in altre città lombarde quali Como, Gallarate e Varese.
membri del Gruppo islamico combattente marocchino, fu attivo dalla
metà degli anni Novanta nel reclutamento, nella raccolta di fondi e nella
disseminazione della propaganda di vari gruppi jihadisti. Il leader del
nucleo, Ahmed el-Bouhali, si suppone morì sotto le bombe americane in
Afghanistan nel 2001, ma il resto del gruppo rimase attivo fino al 2004,
quando molti dei suoi membri furono condannati per vari crimini legati
al terrorismo. Il network aveva anche pianificato una serie di attacchi
contro il Duomo di Cremona e la metropolitana di Milano.
nuclei jihadisti furono smantellati dalle autorità italiane in varie città,
soprattutto al nord, ma non solo. Varie operazioni, inclusa una che per
la prima volta confiscò un grosso quantitativo di armi, furono eseguite
contro network nordafricani a Torino e Bologna. Anche Napoli fu un
città campana come nodo logistico.
autorità italiane in quegli anni possedevano caratteristiche simili.
carismatici e subordinati a gruppi operanti in Nord Africa. Alcuni
di esse pianificarono attacchi in Italia, ma la maggior parte delle loro
attività erano di natura logistica. Loro mansione principale era quella
di raccogliere fondi attraverso attività che variavano dai piccoli reati
ad attività commerciali legali. Procacciavano armi, documenti falsi e
ogni tipo di materiale utile ai gruppi attivi fuori dall’Europa, per i quali
reclutavano nuovi combattenti.
socio-economico.