Come in ogni altro paese europeo, la radicalizzazione d’ispirazione
jihadista in Italia riguarda solo una frazione statisticamente minoritaria
della popolazione di fede musulmana.
Ma il fenomeno in Italia sembra essere ridotto anche quando paragonato
con altri paesi europei.
Nonostante un atteggiamento abbastanza aggressivo delle autorità
e la presenza di strumenti giuridici che consentono agli inquirenti
un’ampia latitudine operativa, solo pochi soggetti con caratteristiche
autoctone (gli indagati di Niriya, Jarmoune ed el-Abboubi) sono stati
arrestati in Italia, numeri notevolmente inferiori non solo rispetto a
quelli di paesi dalle dimensioni simili al nostro, come la Francia o la
Gran Bretagna, ma anche molto più piccoli, per esempio la Danimarca
o i Paesi Bassi.
Ugualmente significativi sono i numeri di combattenti in Siria. Le
autorità della maggior parte dei paesi dell’Europa occidentale esprimono
forti preoccupazioni per i contingenti di residenti dei loro paesi che
si sono recati nel paese arabo per unirsi a vari gruppi jihadisti che
combattono contro il regime di Bashar al-Assad.
Non esistono numeri esatti, ma nel tardo autunno del 2013 si stimava che
i jihadisti che si erano recati in Siria dalla Francia fossero tra le 200 e le 400 unità,
200-300 dalla Gran Bretagna, oltre 200 dalla Germania, un centinaio dal
Belgio e un’ottantina dalla Danimarca.
In totale controtendenza, le autorità italiane stimavano che solo 10-15 soggetti
residenti in Italia si fossero recati in Siria per combattere. Inoltre la maggior parte
di essi pare fosse cittadina siriana le cui motivazioni e la cui ideologia sono
diverse da quelle della maggior parte dei jihadisti europei che si reca in
Siria.
È difficile spiegare il perché di queste marcate differenze tra l’Italia e il
resto d’Europa. Tuttavia, come questo studio di Lonzo Vidino ha cercato
di documentare, la radicalizzazione jihadista autoctona esiste anche in Italia,
anche se su scala ridotta.
È impossibile predire come si svilupperà il fenomeno, se crescerà e, in tal caso,
come e quanto.
L’esperienza degli altri paesi europei può fornire indicazioni utili nonostante le
enormi differenze che esistono da paese a paese.
Ma è fondamentale che gli apparati di sicurezza e dell’intelligence (che, in realtà,
già conoscono a fondo il problema), il mondo politico e il grande pubblico
familiarizzino e prendano coscienza del caso.