Il Kurdistan è una nazione ma non uno stato indipendente. La vasta area geografica che occupa è di circa 450.000kmq, divisa tra gli stati di Turchia, Iraq, Siria ed Iran.
Si tratta di un territorio strategicamente rilevante per la ricchezza di petrolio e di risorse idriche, ma si trova in una situazione di sottosviluppo a causa dell’assenza di un’unità politico-amministrativa. Infatti proprio la posizione geopolitica dell’area ha condizionato fortemente le vicissitudini della popolazione curda.
Già agli inizi del XIX secolo, l’Impero ottomano aveva imposto forti limitazioni all’autonomia dei curdi, provocando così rivolte per l’autonomia e l’unificazione della popolazione. Ma con l’arrivo delle potenze europee, l’area fu ancor più strumentalizzata, con l’obiettivo di indebolire gli Ottomani.
Dopo la Prima Guerra Mondiale invece, con la fine dei grandi imperi, sembrava davvero possibile una unione del popolo curdo in uno stato, ma, ancora una volta la storia ha invertito la rotta. La nascente Repubblica turca impedì la formazione del Kurdistan, nonostante la sua nascita fosse stata prevista dal Trattato di Sévres del 10 agosto 1920.
L’attuale spartizione della popolazione curda nei quattro stati sopracitati avvenne definitivamente con il Trattato di Losanna del 1923 che inevitabilmente cancellò quello di Sévres.
Curdi in Iraq
I curdi in Iraq rappresentano circa il 12% della popolazione e si trovano soprattutto nella zona settentrionale nelle città di Mossul, Kirkuk e Baghdad.
Dal 1961 i curdi si sono organizzati nel Partito Democratico Curdo (KDP) guidato da Mustafa Barzani, e hanno iniziato ad opporsi al regime di Saddam Hussein che attuava repressioni brutali contro la popolazione curda, causando oltre 100mila morti e due milioni e mezzo di profughi.
Allo scoppio della guerra tra Iran e Iraq, le autorità irachene ordinarono le deportazioni di migliaia di curdi in Iran. I deportati erano in maggioranza donne, vecchi e bambini, mentre i maschi vennero arrestati e imprigionati senza alcuna accusa.
Per il Governo Regionale del Kurdistan, nella regione semiautonoma del Kurdistan iracheno, entità federale e autonoma del Nord dell’Iraq e internazionalmente riconosciuta, operano i peshmerga, nome ufficiale delle forze armate che letteralmente significa “coloro che affrontano la morte”.
Il Kurdistan iracheno è diviso in 6 Governatorati. Fra essi, 3 sono sotto il controllo del governo regionale del Kurdistan. Questi Governatorati sono chiamati parēzge in curdo.
Curdi in Siria
I curdi in Siria rappresentano il 5% della popolazione, facendo così di loro la più grande minoranza del paese. Prima dello scoppio della guerra civile, i curdi erano concentrati prevalentemente nel nord della Siria, nonostante vi fossero comunità curde significative anche ad Aleppo e Damasco.
Dal 2011 i curdi siriani hanno abbandonato le loro città per rifugiarsi quasi esclusivamente nella regione nord, il Rojava curdo. Qui, espressa la loro neutralità verso il conflitto che incendiava lo stato siriano, i curdi hanno iniziato a dar vita a un nuovo modello democratico, una nuova e innovativa pratica politica. Questa “terza via” curda si fonda sull’autogoverno e sull’autorganizzazione popolare.
Nel novembre 2013, il PYD (il Partito di Unione Democratica) molto vicino ai curdi del PKK, dopo aver dichiarato l’autonomia della regione del Rojava, ha presentato la Carta del Contratto Sociale, il cui fondamento costitutivo recita: “Le aree autonome dell’autogoverno democratico non riconoscono il concetto di stato nazione e lo stato basato sul potere militare, la religione ed il centralismo”.
Ad oggi la regione del Rojava è divisa in 3 cantoni : Afrin, Kobane e Cizre.
Curdi in Iran
In Iran, i Curdi dell’Unione Patriottica del Kurdistan (UPK) combattono contro il regime di Teheran dal 1972, in una guerra che ha causato fino ad oggi circa 17mila morti.
Con la rivoluzione Komeinista del 1979 e la crisi che ne è seguita prima della stabilizzazione del regime islamico, i curdi iraniani riuniti attorno PDKI (Partito democratico del Kurdistan Iraniano) hanno avviato una ribellione con l’intento di ottenere l’autonomia che ovviamente non è stata concessa. Ne è seguita una dura repressione.
Curdi in Turchia
I curdi in Turchia rappresenterebbero circa il 18% della popolazione. Con la vittoria in Turchia nel 1923 di Atatürk, si affermò il principio dell’unitarietà di uno stato turco laicizzato, i cui principi certo con si conciliavano con l’esistenza di un’etnia curda nello stato turco. Il rapporto è stato dunque tutt’altro che pacifico.
Nella seconda metà degli anni ‘60 il movimento nazionalista curdo si organizzò in partiti rivoluzionari, come il Partito Socialista del Kurdistan ed il Partito Democratico del Kurdistan, che si battevano per la democrazia in Turchia e l’auto-determinazione per il popolo curdo. Nel 1971, con il secondo intervento militare, venne istituita la legge marziale in alcune province curde e vennero arrestati e detenuti in condizioni orribili e sottoposti a torture e violenze.
Negli anni settanta nasce e si struttura il PKK, il Partito dei Lavoratori Curdi, il cui scopo principale è il riconoscimento della lingua e dei diritti dei curdi. Il suo fondatore e leader è stato Abdullah Öcalan.
Dal 1999 il leader curdo è rinchiuso nel carcere della prigione di Imrali in cui sta scontando l’ergastolo per attività separatista armata. Dalla sua cella Ocalan ha lanciato lo scorso gennaio un annuncio storico in cui con le parole “una nuova era inizia oggi, la porta si apre per passare dalla lotta armata alla lotta democratica”, mise fine al conflitto armato che da circa 29 anni vedeva scontrarsi lo Stato turco e i curdi e che aveva portato alla morte di oltre 400mila persone.
In realtà già dal 2009, il governo turco guidato da Recep Erdogan aveva iniziato a portare avanti un pacchetto di provvedimenti per aumentare l’autonomia della minoranza curda nel Pese: la cosiddetta “iniziativa curda”.
Da questa apertura delle istituzioni turche avrebbe preso il via il processo di pace tra la Turchia e la popolazione curda. Ma il “processo di Imrali”, che prende il nome dalla prigione in cui è detenuto il leader del PKK, ha raggiunto un bilancio del tutto insoddisfacente e gli eventi di Kobane degli ultimi giorni fanno temere una fine dei negoziati.
Chi combatte a Kobane?
Kobane si trova al confine con la Turchia. La sua è una posizione strategica che la fece diventare, nel primo ventennio dello scorso secolo, una delle stazioni della rete ferroviaria Berlino-Baghdad.
Questa piccola città è diventata negli ultimi mesi un “fenomeno mediatico” per la coraggiosa resistenza che la sua popolazione sta portando avanti contro l’avanzata delle forze di Daish.
Fino a qualche settimana fa la battaglia contro le milizie jihadiste era portata avanti esclusivamente dai gruppi di guerriglieri e di guerrigliere delle forze popolari di autodifesa (Ypg/Ypj), l’esercito del PYD. Le frontiere turche sono rimaste per molto tempo chiuse al passaggio di forze volontarie provenienti soprattutto dalla regione curda della Turchia.
Solo lo scorso 22 ottobre il parlamento della regione autonoma del Kurdistan iracheno ha approvato l’invio di truppe del suo esercito, nella città di Kobane, a sostegno della resistenza curda. Sono 150 i peshmerga (nome erroneamente usato per denominare i combattenti curdi di Kobane) arrivati nella regione del Rojava lo scorso 29 ottobre.
Source: Arabpress