Con l’odio e la violenza dal 2002 Boko Haram (“La cultura occidentale è peccato”) terrorizza la Nigeria per centrare il suo vero unico obiettivo: creare uno Stato islamico nel nord del Paese e imporre la Sharia come unica legge da rispettare.
Recentemente il gruppo ha dichiarato fedeltà allo Stato Islamico del Califfo Al Baghdadi, anche se non sono chiari i termini del patto d’alleanza.
Il suo leader è Abubakar Shekau.
Scomparso da tempo dalla circolazione se non per apparire di persona in sporadici video di propaganda, Shekau è un personaggio di cui si sa fondamentalmente ben poco.
Anche la sua stessa nazionalità sarebbe incerta.
Secondo l’ONU è nato non lontano dalla frontiera con il Niger, nello stato nigeriano di Yobe (adesso parzialmente sotto il controllo di Boko Haram) e sarebbe cresciuto nelle periferie di Maiduguri.
Fedele a Mohamed Yusuf, guida spirituale e fondatore del Gruppo della gente della Sunna per la predicazione e la jihad (movimento poi diventato Boko Haram), ne sarebbe diventato il braccio destro per poi succedergli, alla sua morte, nel 2009.
Rispetto al suo predecessore gli mancano il carisma, la formazione religiosa e le capacità oratorie.
Tutte caratteristiche cui in questi anni Shekau ha sopperito facendo leva sulla sua mostruosa brutalità.
Se dal 2002 al 2009 Boko Haram si era limitato a compiere prevalentemente attentati contro le forze dell’ordine e contro le istituzioni di governo, dal suo avvento gli obiettivi si sono moltiplicati: prima i cristiani del nord e i “cattivi musulmani”, poi chiunque si opponeva alla dottrina salafita, in seguito i “collaboratori” dello Stato e, infine, l’intera popolazione senza più alcuna distinzione.
Il primo attentato nel centro di Abuja risale al 2011.
Da allora l’escalation di violenze è disarmante.
Negli ultimi 5 anni sono stati ridotti in cenere interi villaggi (oltre 10mila morti e 700mila sfollati tra donne, bambini e uomini), fino all’episodio che ha portato Boko Haram sotto i riflettori internazionali, vale a dire il rapimento lo scorso aprile di oltre 200 studentesse nel villaggio di Chibok, nello Stato del Borno.
Da allora altre decine sono state prese in ostaggio per essere date in sposa ai loro carcerieri o per essere vendute come schiave.