Le domande relative allo sviluppo del jihadismo autoctono in
Europa sono tante e scaturiscono pressoché spontaneamente.
In che modo giovani musulmani, all’apparenza ben integrati incontrano e poi
abbracciano l’ideologia jihadista? E come fanno a passare dal vivere una
tranquilla vita da studenti, operai o professionisti in cittadine europee
al combattere a fianco di alcune delle più pericolose organizzazioni
terroriste del mondo, in aree remote dell’Asia o dell’Africa? In altre
parole, quali sono i processi psicologici e operativi che portano giovani
musulmani europei alla militanza jihadista?
Per rispondere a queste domande e capire le recenti dinamiche
del jihadismo in Europa è necessario chiarire la differenza fra tre
concetti interconnessi ma differenti: radicalizzazione, reclutamento e
collegamento.
Come si è visto, gli esperti non hanno ancora trovato
una definizione unanimemente accettata di radicalizzazione, ma, da
un punto di vista operativo, è cionondimeno possibile osservare che,
nella stragrande maggioranza dei casi di musulmani europei coinvolti
in network jihadisti, la radicalizzazione è un processo che avviene dal
basso verso l’alto. Gli studi di Marc Sageman e di altri esperti hanno
dimostrato che l’immagine del reclutatore per un gruppo terrorista
«che si nasconde nelle moschee, pronto a ingannare individui inermi
e ingenui» non corrisponde alla realtà dell’Europa occidentale.
È raro che un membro di un gruppo terrorista vada alla ricerca di una possibile
recluta, la introduca all’ideologia jihadista, e la indottrini per poi inserirla
nell’organizzazione.
Dinamiche simili erano abbastanza comuni nei network nordafricani
degli anni Novanta, quando i soggetti venivano introdotti da parenti o
amici a membri di gruppi jihadisti che supervisionavano l’intero processo
di radicalizzazione.
Ci sono indicazioni che al-Shabaab, il gruppo
somalo affiliato ad al-Qaeda, operi in maniera simile, approcciando
soggetti non radicalizzati e “coltivandoli” fino a introdurli nel gruppo.
Ma, nella maggior parte dei casi, l’assorbimento dell’ideologia jihadista
da parte di musulmani europei avviene indipendentemente. In alcune
situazioni, questo processo avviene individualmente: il soggetto si
radicalizza su internet senza interagire con nessun altro.
Questo fu il caso, per esempio, di Roshonara Choudhry, la studentessa del King’s College
di Londra che nel 2010 accoltellò il membro del parlamento inglese
Stephen Timms per il suo supporto alla guerra in Iraq. Choudhry non
aveva alcun legame con nessun gruppo organizzato, ma si radicalizzò da
sola, passando intere giornate ossessivamente su internet a guardare per
mesi i discorsi del predicatore di al-Qaeda nella Penisola Araba, Anwar
al-Awlaki. In obbedienza alla sua chiamata al “jihad individualizzato”,
Awlaki Choudhry decise di agire. Casi simili a quello di Choudhry, anche
se non sempre caratterizzati da una fine violenta, sono stati monitorati
in tutta l’Europa.
Tuttavia, nella maggior parte delle situazioni, la radicalizzazione
avviene in piccoli gruppi. I soggetti hanno il primo contatto con
l’ideologia jihadista attraverso parenti, amici o conoscenti occasionali.
Inizia così un percorso interiore di ricerca e scoperta individuale
condizionato da come il soggetto si relaziona all’ambiente circostante
e con altri soggetti. I “compagni di viaggio” lungo il cammino verso
la radicalizzazione possono essere familiari e amici di una vita o nuove
conoscenze.
Per quanto la decisione d’imboccare questa strada venga
assunta individualmente, il processo di radicalizzazione spesso avviene
attraverso l’interazione con altri soggetti che adottano le stesse idee.
Molto frequentemente predicatori estremisti, veterani di vari conflitti
e web master di siti jihadisti agiscono come fattori radicalizzanti,
esponendo ulteriormente all’ideologia jihadista soggetti che già ne sono
simpatizzanti. Per quanto sia frequente che tali elementi radicalizzanti
possiedano legami di varia intensità con più gruppi jihadisti, raramente
essi agiscono come veri e propri agenti in missione di radicalizzazione.
Allo stesso modo, non c’è dubbio che siti internet e altre forme di
propaganda create da gruppi jihadisti favoriscano la radicalizzazione
di alcuni musulmani europei. Tuttavia, queste iniziative sono dirette
alle masse e ci sono poche indicazioni che esistano tentativi da parte di
gruppi jihadisti operanti al di fuori dell’Europa di radicalizzare specifici
soggetti direttamente, faccia a faccia.
La radicalizzazione jihadista in Europa è, in sostanza, un processo che avviene
dal basso verso l’alto.
Un fenomeno diverso, ma correlato, è quello del reclutamento, ovvero
il processo attraverso il quale un gruppo terrorista inserisce un soggetto
già radicalizzato nei propri ranghi. Nel caso di molte organizzazioni
terroriste operanti principalmente al di fuori dell’Europa, da Hamas alle
Tigri per la Liberazione di Tamil Eelam, è appropriato parlare di attività
dall’alto in basso, dove membri del gruppo agiscono come veri e propri
reclutatori.
Alcuni gruppi legati ad al-Qaeda agiscono in tal modo in
certe zone. Ma in Europa le dinamiche sono alquanto diverse. Anche se
esistono eccezioni (network europei legati ad al-Shabaab apparentemente
conducono quello che può definirsi un vero e proprio reclutamento),
esistono poche indicazioni di un piano organizzato da parte di gruppi
jihadisti per reclutare musulmani europei. Al contrario di quella che può
essere l’opinione comune, non ci sono molte indicazioni che uno o più
gruppi della galassia di al-Qaeda si siano organizzati per mandare “talentscout”
in Europa per cercare reclute promettenti.
Una dinamica molto più comune è invece quella che vede la formazione
di un collegamento tra un individuo o un gruppetto radicalizzatosi
autonomamente in Europa e un gruppo jihadista operante al di fuori
del vecchio continente. La connessione viene stabilita quasi sempre per
iniziativa dell’individuo o del gruppetto basato in Europa e non del
gruppo jihadista.
Limitando la propria analisi ai Paesi Bassi, ma in realtà
descrivendo alcune dinamiche comuni in tutta Europa, nel 2010 l’Aivd
(Algemene Inlichtingen- en Veiligheidsdienst, i servizi d’intelligence
interni olandesi) scrivevano che «contatti tra network jihadisti e individui
qui [nei Paesi Bassi] e network transnazionali di lunga data operanti
all’estero» sono stabiliti in vari modi. Ma, aggiungeva l’Aivd, «l’iniziativa
per il primo contatto sembra generalmente venire dal lato olandese; non
sembra sussistere alcuna strategia pianificata di reclutamento da parte di
network transnazionali».
Al di là di eccezioni isolate, il reclutamento
in Europa occidentale non esiste se inteso tradizionalmente come
fenomeno dall’alto verso il basso, ma solo in senso contrario. Ed è per
questo che è più corretto parlare di collegamento.